Human Magazin, una rivista che attraverso il suo lavoro restituisce visibilità a tradizioni, antichi mestieri e storie personali, ha scelto Villaggio Breda per raccontare la storia di un’attività che è presente nel nostro territorio da oltre 50 anni.
Francesca Pomponio, curatrice del progetto Humanpost, ci racconta questa storia, ricca di sentimenti ed aneddoti legati ad un bar che tutti conosciamo, il bar di Nina del Fabbricato VII in via Ernesto Breda 23.
Vi citiamo alcune parti ma vi invitiamo a leggere l’intervista completa sulla loro pagina Facebook
La storia del bar di Nina
Intorno a questo complesso, ancora presente nella sua struttura originaria, ruota nel tempo la vita di tante famiglie della zona, così come quella dei gestori della piccola attività protagonista della nostra storia: il bar Nina.
Ci immergiamo in questa bella atmosfera che non sembra affatto quella di una grande città, piuttosto di un piccolo paese, un villaggio appunto, dove il tempo non sembra essere passato e vediamo da lontano Angela Antonelli, la proprietaria, intenta a portare un vassoio e a salutare i clienti che amano fermarsi qui, non soltanto per un semplice caffè ma per passare un po’ di tempo in allegria, come in una famiglia.
Infatti durante la nostra chiacchierata, l’impressione che abbiamo è proprio quella di osservare una grande famiglia che negli anni si è ingrandita, sempre sotto lo sguardo della mamma di Angela, la signora Nina, che purtroppo da qualche anno non è più con loro, ad attenderti dietro il bancone, discreta e sorridente per il tuo caffè.
Sfortunatamente pochi mesi fa è scomparso anche il fratello, Nicola, perciò Angela si trova oggi da sola a gestire un’attività che va avanti ormai da circa cinquant’anni, in un locale storico che, prima di essere un bar era, agli inizi degli anni quaranta, un luogo adibito a latteria e alla vendita di uova e birra, gestito da un’altra persona, il Signor Peppino.
“Mamma ha preso il bar quando io avevo dieci anni, forse anche meno, dandolo per un certo periodo in gestione ma, dato che le cose non andavano benissimo, ha deciso di rimboccarsi le maniche, pur non avendo mai svolto questo genere di lavoro, imbarcandosi da sola in questa avventura, che non avrebbe poi mai più lasciato. Mio padre, Rocco, veniva invece ad aprire“.
Mentre ascoltiamo e immaginiamo la difficoltà di quei tempi, Angela prosegue.
“Negli anni successivi siamo subentrati anche io e mio fratello Nico, così sono stati introdotti nuovi prodotti e il locale ha subito una prima ristrutturazione”, internamente era infatti molto diverso da come lo vediamo oggi, “e mamma”, che tutti chiamano la signora Nina, ma si chiamava Antonia Catini, “ha continuato a lavorare nel bar in prima persona”.
Continua poi raccontandoci che “all’inizio di caffè se ne facevano davvero pochi, venivano invece le signore a comprare il latte, o le persone più grandi a bere birra. Io stessa ricordo che nel pomeriggio andavo a consegnare il latte, casa per casa, e la mattina presto, prima di andare a scuola, andavo a fare consegne anche nella Fabbrica Breda, tenendo una tanica di dieci litri nella mano sinistra e un’altra, sempre di dieci litri, nell’altra mano. Ricordo bene che faceva molto freddo e non c’erano gli indumenti pesanti di oggi, esistevano soltanto i cappottini.
Dove ora c’è la scuola c’erano soltanto prati e un corso d’acqua, la marana, che io attraversavo, oltrepassando un ponticello, per arrivare alla fabbrica con le buste di latte”.
Con questi racconti ci sembra un po’ di rivivere quanto raccontato da Gianni Morandi nella canzone “Fatti mandare dalla mamma” e ci viene teneramente da sorridere nel pensare a come i tempi siano tanto cambiati, ma non in tutto. Continua a leggere qui
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fonte: human magazine
foto: Francesca Pomponio